giovedì 26 maggio 2016

NOVELLA N.X (10)

                               NOVELLA  N.X (10)
Messer Dolcibene va con Messer Galeotto nella valle di Giosafat e , udendo che ognuno dovrà trovarsi lì per essere giudicato nel giorno del Giudizio Universale, occupa il posto preventivamente.

Messer Dolcibene fu un giullare di corte famoso più degli altri e si possono scrivere su di lui molte novelle divertenti e un po’ volgari.
In questa novella non per giocare, come voleva fare il maestro Piero da Imola, ma per altri motivi, andando al Santo Sepolcro con Messer Galeotto e Messer Malatesta Unghero, trovò un modo originale per divertire questi due signori.
Dunque, mentre tutti e tre insieme passavano nella valle di Josafat, Messer Galeotto disse “ O Dolcibene, in questa valle dobbiamo venire per ricevere la sentenza nel giorno del Giudizio Universale”. Dolcibene prontamente disse “ Ma come, tutto il genere umano potrà stare in una valle così piccola?” Galeotto ribattè “Sarà per potenza divina”.
Allora Messer Dolcibene scese da cavallo, corse in mezzo al campo, si calò i pantaloni e defecò abbondantemente dicendo “Io voglio occupare il posto in modo che , quando verrà il momento, troverò il segno e non sarò inghiottito dalla calca”.
I due signori ridevano e chiedevano che stesse facendo. Ed egli convinto rispose (“Signori, ve l’ho detto, voglio essere saggio e organizzarmi per il futuro”.
Messer Galeotto disse “ O Dolcibene, ci potevi lasciare le tue budella, un segnale più abbondante”. Subito Dolcibene “Se io lasciassi il segnale che voi dite, i nibbi se lo porterebbero via e il posto rimarrebbe senza segnale e poi voi restereste senza la mia compagnia”.
I due signori, ripetendo che egli sapeva cavarsela bene in ogni circostanza, divertiti lo invitarono a salire a cavallo e proseguirono il cammino.
Così i buffoni con sempre nuovi scherzi e nuovi giochi divertono i padroni.  

                                                 

lunedì 16 maggio 2016

PROEMIO - TRECENTONOVELLE -FRANCO SACCHETTI

PROEMIO
Ho considerato il tempo attuale e la vita umana,visitata spesso da pestilenze e morti, vedendo quante rovine e guerre vi sono; pensando a quanti popoli e famiglie si sono ridotti in misero stato e hanno vissuto la vita in miseria. E ancora ho immaginato che la gente è desiderosa di udire cose nuove, facili da comprendere , che diano conforto, nelle quali ai tanti dolori si mescolino alcune risate. Infine ho riletto il fiorentino messer Giovanni Boccaccio, con il suo libro delle cento novelle, diffuso in Francia ed in Inghilterra, tanto che è stato tradotto nelle loro lingue.
Per questo motivo, io, Franco Sacchetti, pur essendo un uomo ignorante e grossolano, mi sono riproposto di scrivere quest’opera, raccogliendo le novelle di tutti i tempi, antiche e moderne, riguardanti varie cose, alcune delle quali io vidi e altre che sono capitate proprio a me. Molte delle quali sono ambientate a Firenze, dove vivo. In esse si tratterà di genti di tutte le origini, di uomini nobili e plebei e di donne grandi e umili. Dei protagonisti delle opere nobili e virtuose si specificheranno i nomi; di quelli delle opere misere e vergognose si taceranno i nomi. Come, appunto faceva Dante che parlava in prima persona se trattava di virtù o lodava qualcuno, quando , invece, parlava di vizi o biasimava qualcuno faceva dire agli spiriti.
Probabilmente molti, cui la cosa non è gradita, diranno <<Queste sono favole>>. Qualche volta è anche vero, ma ci ho messo tutto il mio impegno. Potrà capitare che una novella vedrà come protagonista Giovanni, mentre qualcuno potrebbe dire “ E’ capitata a Piero”. Ma si tratta ,comunque, di un piccolo errore, non che la novella non riferisca la verità.




lunedì 2 maggio 2016

FRANCO SACCHETTI - IL "TRECENTONOVELLE".

FRANCO SACCHETTI
                         Il “TRECENTONOVELLE “
Premessa
Terminato il mio lavoro sul Decameron del Boccaccio, portato avanti con inattesa e incredibile soddisfazione, sono entrata in crisi di astinenza. Le giornate mi apparivano vuote senza la compagnia dei personaggi del Boccaccio e della loro allegria, dell’umorismo e della loro simpatia e umanità. Ancora una volta è stato il mio maestro, il prof. Salvatore Battaglia, a prendermi per mano e a spingermi ad andare avanti senza fermarmi.
Una mattina, mentre mi trovavo a Fiano, nel sottotetto della mia casa di campagna, oppressa dalla malinconia, tra una grande quantità di libri ormai abbandonati, ecco far capolino il volume “le epoche della Letteratura Italiana” di Salvatore Battaglia, un bel mattone di 860 pagine, che non pensavo di aver conservato. Ho provato una grande emozione; è stato come aver ritrovato un amico.
Come resistere alla tentazione di sfogliare quelle pagine, di rileggere le sudate carte che avevano accompagnato gran parte della mia giovinezza. Seduta su una cassetta di legno piena di carte, ho aperto ,per caso, il libro a pagina 381, ed ecco apparire la scritta “Franco Sacchetti”. Scrittore fiorentino, sebbene nato a Ragusa ,egli completa il  quadro del grande realismo toscano del ‘300.
Le pagine ingiallite del manuale di letteratura, con il loro profumo di vissuto mi hanno attratto irresistibilmente. Il tempo si è fermato ed io ho incominciato a leggere.
L’autore cominciò a scrivere la sua raccolta di novelle nel 1392/93 e ne voleva scrivere proprio 300, ma ne riuscì a scrivere soltanto 223, perché sopraggiunse la morte, durante la peste del 1400.
Man mano che mi addentravo nella lettura, mi si delineava chiaro nella mente il disegno di continuare il cammino intrapreso e di dedicarmi alla libera interpetrazione del “ TRECENTONOVELLE” del SACCHETTI, intimamente legato al Boccaccio, scegliendo quelle meglio conservate.
                                                    Pag.1
Salvatore Battaglia docet < Franco Sacchetti arriva alla grande arte attraverso la piccola maniera. I suoi personaggi sono attori minimi; gli eventi che egli narra si sciolgono in una battuta, in un gesto………..Gli ambienti e gli attori che preferisce sono comuni. Il suo è il mondo della piccola gente, del vivere in economia….. Al grande realismo del Boccaccio, il Sacchetti sostituisce il suo realismo in miniatura. Il Decameron, a confronto del Trecentonovelle, ci sembra un libro di eroi, di grandi protagonisti. I personaggi del Boccaccio hanno imparato il loro ruolo e recitano la loro parte in maniera impeccabile. Gli attori del Sacchetti recitano a soggetto, anticipano la commedia d’arte, si gettano sulla scena d’istinto e di impulso, senza lavarsi la faccia e tirarsi su le brache>.
Luigi Settembrini ci dice :< Il Boccaccio è simile ad un vasaio che vi fa vasi di fina porcellana dorati e dipinti vagamente, il Sacchetti fa vasi di creta paesana……. Utili agli usi e alla mensa cotidiana>.
Egli ci presenta un mondo senza grandi idealità, né forti passioni , di gente che vive alla giornata, governata da interessi pratici, un mondo provvisorio ed empirico.
Si avverte, con un tocco di intima malinconia, il senso di una società decadente, immiserita, invecchiata nell’usura quotidiana, tanto lontana nel tempo, eppur tanto vicina alla società contemporanea.