giovedì 16 marzo 2017

NOVELLA N.CLI (151)

                                          NOVELLA N.CLI (151)

Fazio da Pisa voleva fare l’astrologo e indovinare il futuro davanti a molti uomini valenti. Franco Sacchetti gli pose, allora, una serie di domande alle quali non seppe rispondere e lo mise in difficoltà.

Io, scrittore, mi trovavo nella città i Genova già da diversi anni. Un giorno ero nella piazza dei mercanti insieme ad un gran numero di uomini saggi esiliati da vari paesi , tra i quali messer Giovanni d’Agnello, doge di Pisa,esiliato con alcuni parenti. Vi erano poi alcuni lucchesi, mandati via da Lucca, alcuni senesi, che non potevano stare a Siena, ed alcuni genovesi.
Si cominciò a discutere di quelle cose di cui parlano spesso coloro che sono lontani dalla propria casa : di novità, di bugie, di speranze ed infine di astrologia. Quello che parlava più efficacemente era un tale fuoriuscito da Pisa, di nome Fazio. Egli diceva che da molti segni del cielo comprendeva che chiunque fosse stato esiliato entro l’anno poteva farvi ritorno, aggiungendo che vedeva ciò per profezia.
Io ribattevo che delle cose future, che dovevano ancora venire, né lui né altri potevano essere certi. Egli ,contrastandomi, mi derideva come se fosse Alfonso X di Castiglia e Tolomeo, entrambi astronomi. Come se egli vedesse con chiarezza il futuro, mentre io non riuscivo a vedere neppure il presente. Allora io gli dissi << Fazio, tu che sei un grandissimo astronomo, rispondimi davanti a costoro. Che è più facile sapere, le cose passate o quelle che devono venire ?>>. Fazio disse << E chi non lo sa? E’ smemorato chi non ricorda le cose passate , ma quelle che devono venire non si sanno molto facilmente>>. Allora io dissi <vediamo se ti ricordi le cose passate che, tu dici, sono facili da ricordare. Che cosa facesti quel tal giorno, un anno fa ?>>. Mentre pensava, io continuavo << Dimmi ora che cosa facesti sei mesi fa ?>>. Quello si smarriva e io rincaravo la dose chiedendo che cosa aveva fatto tre mesi prima. Quello mi guardò come uno stralunato, riflettendo. Io incalzavo domandando dove era stato due mesi prima alla stessa ora. Il poverino si confondeva sempre di più. Allora lo afferrai per il mantello e gli dissi <<Sta un po’ fermo e dimmi quale nave giunse qui un mese fa e quale partì ?>>. Ormai Fazio era completamente fuso. Allora continuai << Che guardi ? mangiasti a casa tua quindici giorni fa o a casa d’altri? >>. Egli mi chiese di avere un po’ di pazienza, mentre io, implacabile, incalzavo << Che cosa facesti otto giorni fa a quest’ora ? che cosa mangiasti quattro giorni fa ? >>. Ed egli << te lo dirò. Ma lasciami pensare. Tu hai troppa fretta>>. Implacabile, continuavo << Dimmi, orsù, che cosa mangiasti ieri mattina ? o non me lo vuoi dire ?>>. Quello ammutolì del tutto. Vedendolo così smarrito ,lo presi per il mantello e gli dissi << Scommetto che non sai se sei sveglio o stai sognando>>. Ed egli << Per la miseria, so bene che sono sveglio >>. Il Pisano disse <<Tu hai troppi sofismi per la testa >>. Ed io << Non sono sillogismi, dico cose naturali, tu, invece, insegni cose inafferrabili. Ti voglio chiedere una cosa. Hai mai mangiato delle nespole ?>>. E il Pisano rispose << Mille volte>>. Ed io <<Allora dimmi, quanti noccioli ha una nespola ?>>. << Non so. Non ci ho mai fatto caso >>. << E se non sai una cosa così importante, come poi sapere le cose del cielo ? Andiamo avanti, quanti anni sei stato nella casa che abiti ?>> << Ci sono stato sei anni e alcuni mesi>>.<< Quante volte hai salito e sceso la tua scala ?>>. << Qualche volta quattro, altre sei, altre otto >> .<< E quanti gradini ha quella ?>>. Il Pisano, stremato, disse << Basta, te la do vinta>>. Subito gli risposi << Devi dire che ho vinto a ragione, e che tu e gli astrologi volete indovinare con le vostre fantasie e siete più poveri della pietra. Ho sempre sentito dire che il vero indovino sarebbe ricco. Vedi tu che bell’indovino sei e quale grande ricchezza è con te>>.
E la verità è che tutti quelli che di notte guardano il cielo stando sui tetti come i gatti, hanno gli occhi rivolti verso il cielo tanto che perdono di vista la terra e restano poveri in canna. Dopo che confusi con le mie argomentazioni Fazio Pisano, alcuni uomini importanti mi chiesero se avevo trovato le cose dette in qualche libro. Io risposi che le avevo trovate in un libro che portavo sempre con me e si chiamava “Cerbacane” (cervello). Essi rimasero contenti e si meravigliarono.