martedì 18 ottobre 2016

NOVELLA N.LXXXIV

NOVELLA N.LXXXIV
Un pittore senese ,sentendo che la moglie ha fatto entrare un suo amante, entra e cerca l’uomo che si è nascosto tra i crocifissi. Vuole tagliargli il membro virile e quello fugge, gridando :<< non scherzare con l’ascia>>.

Viveva in Siena un pittore di nome Mino che aveva una moglie molto bella. Un senese se ne era innamorato ed aveva , già da tempo, avuto a che fare con lei. Un parente aveva avvisato Mino, che non aveva voluto credergli. Un giorno Mino rimase fuori casa anche la notte per un affare e l’amico della donna, subito avvisato, se ne andò a stare con lei per divertirsi tutta la notte. Il parente, che aveva messo le spie per essere sicuro, subito mandò a chiamare il marito per farlo tornare. Riuscì ad ottenere che la porta piccola della città di notte potesse essere aperta per permettere a Mino di rientrare in città. Poi raggiunse il pittore nella chiesa dove si trovava e gli disse <<Mino, ti ho detto più volte della vergogna che tua moglie fa a te e a noi, ma tu non hai voluto credere. Ora vieni subito, li troverai in casa e ne potrai essere certo>>. L’uomo rientrò a Siena attraverso la porta piccola della città e invitò il parente ad andare con lui.
Mino era un pittore di crocifissi, specie di quelli intagliati con rilievo. Ne aveva sempre in casa, sia completi che in lavorazione, a volte quattro, a volte sei. Come usavano gli artisti, li teneva appoggiati su un lunghissimo tavolo da lavoro, nella sua bottega, poggiati sul muro l’uno accanto all’altro, coperti ognuno con un grande asciugamano. In quel periodo ne aveva sei, quattro intagliati e scolpiti, e due erano piani dipinti, tutti appoggiati al muro.
Mino giunge alla porta della sua casa e bussa. La donna e il giovane che nno dormivano, sospettarono subito ciò che era. La donna, senza rispondere, sbirciò da un piccolo finestrino e ,scorto il marito, ritornò dall’amante e gli disse di nascondersi immediatamente. Non sapendo bene dove celarsi, giunsero nella bottega dov’erano i crocifissi. La furbetta allora disse << se vuoi fare una cosa buona, Sali su quel tavolo e poniti su uno di quei crocifissi piani, con le braccia in croce, come stanno gli altri. Io ti coprirò con lo stesso panno con cui è coperto quello. Mio marito venga pure a cercarti, ma non credo che stanotte ti troverà. Io ti preparerò un pacchetto con i tuoi panni e li metterò in una cassa, finchè non viene il giorno. Poi qualche santo ci aiuterà>>. Il giovane, con grande incertezza, salì sul tavolo, levò l’asciugatoio e si sistemò su un crocifisso piano, proprio come gli altri scolpiti. Poi fece un pacchetto dei panni suoi e di quelli dell’amante e i mise insieme agli altri panni. Fatto ciò, si affacciò alla finestra e chiese << Chi è>>. Il marito rispose <<Apri, sono Mino>>. E lei  <<Ma che ora è questa?>> e corse ad aprirgli. Quando aprì la porta mino la rimproverò di aver tardato e di non sembrare molto lieta del suo ritorno. La donna rispose risentita che stava dormendo e non aveva udito. Il marito prese un lume e andò cercando in giro, persino sotto il letto. La moglie gli chiese che cosa stava cercando ed egli rispose << Fingi di essere sorpresa, ma tu lo sai bene>>. Cercando per tutta la casa, giunse nella bottega dove erano i crocifissi.
Ciascuno pensi come doveva stare quello che era nascosto nel crocifisso, sentendo Mino che arrivava. Stava immobile, come gli altri che erano di legno. Ma ll cuore gli batteva da morire. Lo aiutò la fortuna, infatti nessuno avrebbe mai potuto pensare dove si fosse nascosto. Mino, dopo essersi trattenuto un poco nella bottega, uscì fuori. La bottega aveva una porta davanti che si chiudeva a chiave dall’esterno e ogni un giovane che stava con Mino l’apriva. Dall’altra parte della casa vi era un uscio piccolino dal quale il padrone usciva per andare a casa, dopo averlo chiuso, per cui il crocifisso vivo non poteva uscire in nessun modo.
Essendosi agitato Mino per buona parte della notte e non avendo trovato niente, la donna se ne andò a letto dicendo al marito << Vai sbraitando più che mai, vieni a letto ,se vuoi, oppure vai in giro per la casa quanto ti piace>>. << Sozza troia – rispose quello – ti farò vedere io che non sono una gatta. Sia maledetto il giorno che tu venisti in casa>>. <<Sarà stato il vino bianco o quello rosso che ti fa parlare così?>> disse quella. Alla fine li prese la stanchezza e si addormentarono entrambi. Il parente, che era rimasto fuori ad aspettare come andasse a finire, se ne andò anche lui a casa.   
Mino la mattina dopo si svegliò molto presto e riprese le ricerche. Aperta la porticina, entrò nella bottega e, guardando i crocifissi, vide uno dei piedi di quello che stava coperto. Disse tra sé << Sicuramente questo è l’amico>> e ,guardando gli attrezzi di ferro con i quali tagliava e levigava i crocifissi, ritenne che l’ascia rispondesse meglio alle sue esigenze. Prese l’ascia e salì verso il crocifisso vivo per tagliargli la cosa che lo aveva spinto lì.L’altro, ben comprendendo le intenzioni di Mino, schizzò fuori con un salto, gridando << Non scherzare con l’ascia>>. Trovata la porta aperta, fuggì mentre Mino gridava << Al ladro, al ladro>>.
Frattanto la donna, che aveva sentito tutto, vide un frate predicatore con la sporta per le elemosine per il convento, che saliva per le scale. Prontamente gli disse <<Padre Puccio, mostrate la sporta e io vi metterò il pane>>. Come il frate le porse la sporta ella vi gettò dentro il pacco con i panni dell’amante e subito lo ricoprì con quattro pani suoi e con il pane del frate. Poi disse << Padre Puccio, una donna mi portò qui dalla Stufa (bagni pubblici) ,dove si  era incontrata con un tale, un pacchettino che io ho infilato sotto il pane nella vostra cesta, affinchè nessuno pensasse a male. Vi ho dato quattro pani, vi prego ,poiché egli ha casa vicino alla vostra chiesa, di dargli questi panni. E ditegli che la donna della Stufa glieli manda.
Frate Puccio, che aveva capito tutto, si allontanò, e, giunto alla porta dell’amante, fingendo di chiedere del pane, gli dette i panni dicendo << La donna della Stufa ve li manda>>. Il giovane gli diede due pani e il frate se ne andò. L’amante riflettè bene sulla cosa e , a prima mattina, se ne andò al campo di Siena a fare le sue cose, come se niente fosse accaduto.
Frattanto Mino, gabbato dal crocifisso che gli era sfuggito, andò sbraitando contro la moglie << Sozza puttana, che dici che sono una gatta e ho bevuto vino bianco e rosso, tu nascondi gli amanti sui crocifissi; tua madre deve saperlo>>.
La moglie lo rimproverava per la sua volgarità, ma lui continua << Non ti vergogni, non so chi mi trattiene dal conficcarti un tizzone di fuoco in quel posto>>. E lei di rimando <<Non provarci nemmeno, io non ho fatto ciò di cui mi accusi, per la croce di Dio, se mi mettessi le mani addosso la pagheresti cara>>. E ancora il cornuto << O troia fastidiosa che facesti di un amante un crocifisso, avessi potuto tagliargli io quello che volevo, ma purtroppo mi è sfuggito>>. <<Ma che stai belando – disse la donna – come può mai fuggire un crocifisso se è inchiodato con chiodi lunghissimi ? e se è fuggito è cola tua perché non l’hai inchiodato bene, non mia>>.
Mino corse contro la donna e cominciò a colpirla gridando << maledetta, prima mi hai ingannato e ora mi prendi in giro >>.La donna come fu colpita, essendo anche più prosperosa di lui, reagì violentemente. Dagli di qua e dagli di là ,la donna e il marito finirono a terra uno addosso all’altro e quella birbante lo conciò in malo modo e aggiunse << che stai dicendo, tu che ti vai ubriacando di qua e di là e poi vieni a casa a chiamarmi puttana, io ti concerò peggio di come tessa conciò Calandrino. Sia maledetto colui che sposò una donna ad un pittore, perché voi artisti siete lunatici, vi ubriacate sempre e non vi vergognate >>.
Mino, vedendosi mal conciato, pregò la donna di farlo alzare, di non gridare e di non far rumore per evitare che i vicini trovassero la moglie a cavalcioni su di lui. La donna si alzò ed anche il meschino, con il viso tutto pesto, si alzò. Per evitare il peggio le chiese di perdonarlo perché i vicino avrebbero potuto credere quello che non era e che veramente il crocifisso si fosse messo a correre per non essere castrato.
Camminando poi per Siena il pittore incontrò il parente spione che gli chiese come erano andate le cose. E Mino rispose che aveva cercato  per  tutta la casa e non aveva trovato nessuno. Cercando tra i crocifissi, uno gli era caduto sul viso e l’aveva conciato così. E, quando i Senesi gli domandavano che gli era successo, egli rispondeva che un crocifisso gli era caduto sul viso.
Poi, per stare in pace e non agitarsi più,, disse tra sé << Ma che bestia che sono, avevo sei crocifissi e sei ne ho, avevo una moglie e una ne ho, e potessi non averla. Ad agitarmi tanto potrò solo peggiorare la situazione,come mi è capitato ora. Se vorrà essere una donnaccia, tutti gli uomini del mondo non la potranno far essere buona>>.




lunedì 10 ottobre 2016

NOVELLA N.LIII

NOVELLA   N.LIII (53)
Berto Folchi si univa ad una contadina in una vigna. Frattanto un viandante, saltando da sopra un muro, non accorgendosene ,gli salta addosso, credendo che sia un rospo. Spaventato, fugge gridando agli uomini di correre in suo aiuto. Così facendo mette tutto il paese a soqquadro.

In questa novella è spiegato come ottennero i loro scopi sia Berto Folchi per il suo amore, sia il priore Oca con un sottile inganno per godere di una vigna.
Berto Folchi era un simpatico cittadino di Firenze, alla sua età, innamorato. Costui aveva da diverso tempo adocchiato una contadina di Santo Felice ad Emo. Un giorno, verso sera, trovandosi la contadina in una vigna, Berto la seguì. E si sdraiarono ai piedi di un muro vecchio che circondava la vigna, dietro il quale passava una via. Era Agosto e per il solleone faceva un gran caldo.
Passarono di lì due contadini che venivano da Santa Maria Impruneta, uno disse all’altro :<< Ho Una gran sete, vuoi tu andare in quella vigna a raccogliere un grappolo d’uva, o vuoi che vada io ?. L’altro rispose <<Vai pure tu>>. Perciò l’uno, saltando dal muro, cadde con i piedi sulle anche di Berto che era addosso alla contadina. Berto ebbe un gran colpo, che fu invece molto gradito alla donna, che si sentì meglio penetrata. Il contadino che era saltato sentendosi toccare con i piedi una cosa molliccia, senza voltarsi indietro, cominciò a fuggire attraverso la vigna, trascinandosi dietro pali e viti, gridando a gran voce << Accorrete, accorrete>>.
Berto, sebbene agitato, cercava di concludere i fatti suoi, ma chi correva di qua, chi di là, chiedendo che cosa stava succedendo. Il contadino rispondeva<< oimè, ho trovato il rospo più grande che sia mai esistito>>.
Il clamore cresceva e tutti lo rimproveravano perché aveva messo in agitazione il paese per un rospo. Ed egli gridava <<Fratelli miei, dovete credermi, quel rospo è più grande di un vassoio. Io gli saltai sopra e mi parve di saltare su un grandissimo polmone o fegato i bestia. Oimè non tornerò più in me>>. Il compagno ,che l’aspettava al di là della vigna, temendo che avesse litigato con qualcuno del posto, sentendo il rumore cominciò a gridare anche lui e a fuggire lontano. Le campane cominciarono a suonare sia a Santo Felice che a Pozzolatico che in tutto il paese. Chi da una parte, chi dall’altra, tutti correvano.
Frattanto la donna si staccò da Berto e fuggì verso la casa del marito gridando << Povera me sventurata, che rumore è questo?>>. Incontrando il marito ,che correva verso la piazza di Santo Felice, disse << Oimè, marito mio, che è mai successo? Mentre stavo nella vigna a raccogliere l’erba per il nostro bue ho udito questo rumore che mi ha fatto quasi morire di paura>>.
Anche Berto, dall’altra parte della piazza, chiedeva a gran voce che cosa era successo. Quello che gli era saltato addosso disse << Come non avete sentito? Ho trovato nella vigna il più grande rospo che si sia mai visto. Per fortuna ,quando gli sono saltato addosso, non mi schizzò il veleno, perché sarei sicuramente morto>>. Berto di rimando << E se avessi trovato un diavolo,che avresti fatto?>>.
Frattanto arrivò l’altro compagno che corse ad abbracciare lo sventurato, che continuava a raccontare del rospo. Berto, allora, li rimproverò aspramente perché con le loro grida avevano allontanato tutti gli uomini, compreso lui, dal lavoro, poi aggiunse << E’ già molto tempo che frequento questo paese e ho spesso sentito dire che in quella vigna uno trovò un gran rospo, forse è proprio quello>>. Tutti affermarono che così doveva essere e che forse esso su quei muri rovinati poteva essere cresciuto ancora. Dopo di ciò tutti tornarono a casa.
Berto, tornando verso Firenze, a pochi passi dalla piazza, incontrò il priore Oca, priore di quel luogo, uomo simpaticissimo, suo amico, che lo invitò a casa sua per la sera. Tornando insieme ,il priore chiese che cosa aveva creato un rumore così grande. Berto allora rispose << Priore mio, se mi credete, vi racconterò la più bella novella da quando voi nasceste>>. Così Berto gli raccontò tutta la storia, dall’inizio alla fine. Il priore, che era grande e grosso, quasi non poteva respirare per il gran ridere. Dopo aver cenato e dormito in grande allegria, Berto, al mattino, se ne ritornò a Firenze.
Il priore, dopo la Messa, pensò a come poter sfruttare quella novella per ricavarne qualcosa. Parlò con i suoi popolani di quello che era successo e ammonì tutti di non accostarsi alla vigna perché quel corpo così grande era molto pericoloso sia che solo guardasse qualcuno sia che schizzasse veleno. Perciò pochi, ad eccezione di Berto e la contadina, si arrischiavano ad entrare. Il priore, vedendo che non vi era nessuno che volesse lavorarla, si accordò con il proprietario e tenne la vigna in fitto per poco denaro, ricavandone ogni anno ora 8, ora 10 once di vino. E il proprietario era contento perché ci guadagnava qualcosa e la vigna era dissodata e non rimaneva incolta. E così ci guadagnava il priore Oca che spesso andava a bere con Berto il vino senza che nella vigna il rospo saltasse più addosso a nessuno.
Che dire, dunque, dei casi che l’amore determina ? Sicuramente, tra i tanti che ne capitano, questo fu uno dei più singolari. Tra il rumore delle campane e quello del popolo ne trassero vantaggio sia Berto ,che si accoppiò con la contadina, sia il priore. Quello, infatti, dopo aver dato un buon consiglio ai suoi fedeli, guadagnò in parecchi anni circa 40 once di vino e fece un buon investimento perché godeva nel bere il vino e nell’offrirlo agli altri.